martedì 11 marzo 2008

La lezione tedesca


L’ estalgia e La riscossa dei figli di una germania minore

I recenti ,sorprendenti e inattesi, successi della cinematografia tedesca,hanno portato alla giusta ribalta autori,istanze e concetti inediti e rivelatori su quello che è lo stato attuale della Germania.

Il successo di tante di queste produzioni,ha però un respiro ben più ampio e profondo di una semplice “nouvelle vague” cinematografica:è infatti istantanea di una situazione sociale,politica e storica profondamente mutata e complessa,di un patrimonio di idee che solo ora torna a manifestarsi,dopo anni di isolamento,volontario o impostogli che sia;è,soprattutto ritratto di una generazione,quella della cosiddetta Estalgia, di ventenni e trentenni capaci di raccontare una Germania a noi pressoché sconosciuta,ma soprattutto di immortalare un vissuto che dopo la caduta del Muro ha reso la loro situazione problematica quanto ricca di ispirazioni poetiche ed esistenziali.

Il film “Goodbye Lenin” del 2003 ha rivelato al mondo la condizione dei ragazzi della Germania dell’ est,il sentimento di totale smarrimento,la perdita di quei pochi,mediocri ma stabili punti di riferimento che erano stati in grado di crearsi tra le trame della propaganda e dei tanti misfatti occultati durante i decenni di controllo sovietico. Uno smarrimento tanto grande da portare al paradosso della mitizzazione della Rdt come unico antidoto alla totale mancanza di altri idoli o ideali a cui aggrapparsi.

Il successo di Goodbye Lenin ha portato anche all ‘ imporsi della Rdt come fenomeno commerciale:canzoni, magliette dell’ epoca diventarono oggetti di culto,in una paradossale rivisitazione storica degli eventi e dei costumi di quell’ epoca in cui persino una macchina come la Trabant (la macchina media dell’ impiegato del catasto della repubblica federale) viene rimpianta come maestoso oggetto di lusso,tanto da diventare protagonista di un romanzo di Falko Hennig, “Trabanten”.

Il ricordo degli anni della Stasi,della Rdt usata dai russi come loro personale fogna a cielo aperto, assume in queste opere letterarie,artistiche e cinematografiche una connotazione straniante,ne esce trasfigurato,mescolato ai ricordi di infanzia degli autori e ,soprattutto, dominato da una sola imperante necessità:quella di non aggrapparsi a una qualche parvenza di identità,di possibilità di aggrapparsi a un dna proprio e originale.

Pur di non piegarsi alla umiliazione di abbracciare tout court lo stile di vita e gli ideali dei “cugini fortunati” dell’ ovest, tanti hanno preferito rimpastare il passato,mistificarlo e mitizzarlo pur di tenerlo ancorato a quel minimo di radici che possono rivendicare.

A questa tendenza di “autoconservazione” si è opposta però una linea più temeraria e coerente,che ha portato opere di grande spessore e coraggio,che hanno saputo affrontare con profondità e tatto i nodi cruciali delle vicende del paese.

Film come “le vite degli altri”,il recente premio Oscar “il Falsario”(produzione austriaca) hanno saputo dare una visione disincantata e realistica del quadro socio-politico in cui il paese versava,tracciando quel filo sotteso che lega la storia non solo tedesca,ma europea e mondiale dal secondo dopoguerra ad oggi. Un cinema ed una letteratura che ha saputo far i conti col proprio passato,con l’ onta incancellabile del nazismo,della quotidiana umiliazione di viver costretti e imprigionati in quello steccato psicologico invalicabile e annichilente, che ancora oggi permane, a dispetto dei mattoni caduti ormai 20anni fa.

In capolavori come “la caduta” è possibile scorgere la capacità di guardarsi indietro non più solo con vergogna e costernazione,ma con la capacità di stabilire un processo critico, di tracciare considerazioni anche dolorose e scomode ,di osservare le zone grigie a molteplici strati che attraversano la storia,di saper convivere con la sua tridimensionalità a dispetto di chi vorrebbe rinchiudere la storia dell ‘ uomo in una schematica,eterna lotta tra bene e male.

È certamente questa una lezione che in Italia, divisi e bloccati come siamo da un coacervo di luoghi comuni, tabù e facili rassicuranti certezze,siamo ancora lontani da apprendere.

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